Vivere l’autostrada italiana

Durante gli ultimi anni abbiamo più volte percorso in macchina le strade che dal nord di Milano portano al nord di Lyon. Non c’è scampo, a meno che non abbiate voglia di raddoppiare la durata del vostro viaggio, prendere l’autostrada sia in Italia che in Francia è d’obbligo. Potrete poi scegliere se attraversare le Alpi attraverso il traforo del M.te Bianco o attraverso quello del Frejus; la lunghezza e la durata dei due itinerari saranno pressoché identiche e così anche il costo. Noi abbiamo sempre optato per la prima opzione anche perché se si è abituali frequentatori di questo percorso conviene senza dubbio comprare un abbonamento per il tunnel da 10 o 20 passaggi.

Dunque, non saremo di certo i primi a parlare di questo mondo sempre pieno di avventure e insegnamenti: il mondo delle autostrade italiane.
Un certo Marc Augé, etnologo e antropologo francese, ha definito i centri commerciali, i mezzi di trasporto, gli hotel, gli aeroporti e le autostrade dei nonluoghi in contrapposizione ai luoghi antropologici. Wikipedia dice che questi sono definibili come:

[…] tutti quegli spazi che hanno la prerogativa di non essere identitari, relazionali e storici. […] Spazi in cui milioni di individualità si incrociano senza entrare in relazione sospinti o dal desiderio frenetico di consumare o di accelerare le operazioni quotidiane o come porta di accesso ad un cambiamento (reale o simbolico). […] Le persone transitano nei nonluoghi ma nessuno vi abita.

Teoria piuttosto affascinante che condividiamo. Al termine di tutto questo, Augé avrebbe però dovuto aggiungere un asterisco o una parentesi e scrivere: questo vale dappertutto tranne che in Italia.
In Italia le autostrade sono tutt’altro che uno spazio privo di identità e relazioni. Iniziando il percorso da Milano in direzione Courmayeur – M.te Bianco se ne vedono di tutti i colori.

  • Svincoli: avete presente quando vi capita di ascoltare le notizie sul traffico di “CIS Viaggiare informati” alla radio? Se vi è capitato non è possibile che non abbiate mai sentito parlare dello svincolo di Cormano sulla A4, il più famoso e citato svincolo autostradale italiano. Ovviamente è quello che noi dovevamo prendere ogni volta per dirigerci verso ovest. In proporzione alla sua lunghezza, che non è niente di speciale, su questo svincolo, sia in un senso che nell’altro, ci si passa un bel po’ di tempo senza neanche potersi consolare nel frattempo con un bel panorama.
    Le strade si sovrappongono, chi esce deve tagliare la strada a chi entra e viceversa. Gli svincoli italiani sembrano fatti apposta per far incontrare le persone che ferme nel traffico non ci pensano due volte a iniziare attività che normalmente vengono effettuate nel proprio bagno: esplorazione del proprio naso, trucco, lettura del giornale/iPad, telefonate di vitale importanza. C’è talmente tanto tempo a disposizione che si potrebbe uscire di casa in pigiama per poi cambiarsi in macchina.
  • Caselli: le barriere autostradali italiane non sono poi così diverse dagli svincoli: è come al mercato, non sai bene dove andare, non sai se pagare con la carta o in contanti, ti incazzi perché i turisti rimangono impalati ad “ammirare” questo universo senza capire perché gli autoctoni invece che seguire semplicemente le corsie in terra ne creano delle nuove e in mezzo a tutto questo trovi sempre chi ha sbagliato casello e deve andare in retromarcia con una quindicina di veicoli dietro di sé.
    Arrivati al casello, una mano si presenterà davanti al vostro finestrino. Uscirà probabilmente da dietro una sorta di sipario scolorito dietro il quale la vostra vista non può accedere. Non è un mendicante e neanche Mano della Famiglia Addams, è l’uomo del casello che senza neanche salutarvi vi chiede il ticket dell’autostrada per farvi pagare il pedaggio. Una sorta di eremita del mondo contemporaneo. A confronto, i nuovi pedaggi automatici sono più calorosi!
    Una volta che la sbarra si alza non è finita, anzi, perché è in quel momento che inizia la gara per sfogare tutta la frustrazione che si ha dentro.
  • Autostrada: in certi momenti viene il dubbio e ci si chiede se si è finiti per caso sulle motorways inglesi: la maggior parte della gente cerca infatti di occupare la corsia all’estrema sinistra.
    Se consideriamo un’autostrada a 4 corsie abbiamo: sulla destra i mezzi pesanti; sul centro-destra le persone tranquille, i camionisti che si dimenticano di essere su un camion e vogliono superare, gli olandesi con le loro roulotte; sul centro-sinistra spericolati autisti di furgoni, altri stranieri e italiani che non vogliono avere niente a che fare con i camionisti che si dimenticano di essere su un camion; sulla sinistra, infine, i pirla che sfrecciano oltre il limite di velocità consentito. Solitamente questi ultimi con SUV o automobili che finiranno di pagare dopo 30 anni perché “sai che vergogna andare in giro con una macchina normale!”. Come si sa, in Italia, l’apparenza è tutto.
    Se per caso, mentre ci si trova sulla terza corsia, si ha davanti un veicolo particolarmente lento e lo si vuole superare, bisogna essere estremamente attenti: una volta che si passa nella corsia dei pirla, in meno di 10 secondi sicuramente ve ne arriverà uno da dietro che se potesse si farebbe largo a sirene spiegate. Dato che gli italiani, fortunatamente, non sono ancora arrivati a questo, usano ciò che è a loro disposizione: i fari abbaglianti. A questo punto scatta in voi l’abilità di decifrazione di un codice tutto particolare poiché in Italia una persona che ti “fa le luci” potrebbe volere comunicare diverse cose del tutto differenti tra loro: “attento che c’è la polizia!”, “oh ti ricordi di me? Eravamo al liceo assieme!”, “dai, tranquillo, passa tu!”. Dopo, ti ricordi di essere nel bel mezzo dell’autostrada e capisci che il pirla dietro vuole solo dirti: “Cazzo spostati che devo passare!”.
    La concentrazione deve però rimanere alta perché, come spesso capita, quelle 4 corsie all’improvviso potrebbero diventare una sola (e pure stretta) a causa di quei 15km di lavori che dopo 4 anni non sono ancora finiti. A quel punto, il camionista, lo straniero, il tranquillo e il pirla saranno tutti “felici e contenti”, uno dietro l’altro, senza possibilità di sorpassarsi.
  • Autogrill: se c’è una cosa che abbiamo imparato a fare durante questi spostamenti tra Italia e Francia è trattenere la fame e la pipì. Tutto questo perché abbiamo la fobia degli autogrill italiani. Un mondo tutto particolare, una via di mezzo tra un saloon dei film western, un bazar e una discoteca. Mamme che non trovano i propri figli e urlano disperate contro i propri mariti che non vedono l’ora di tornare sulla pista, file interminabili perché si fa sempre prima lo scontrino (!), scaffali di prodotti regionali a prezzi scontati che tutti guardano ma nessuno compra (tranne gli stranieri), gente che mangia in piedi tenendo in due mani un cappuccino, una brioches e un bicchiere d’acqua perché il bancone è tutto occupato, pavimenti a cui si rischia di rimanere incollati e per questa volta lasciamo perdere i bagni! Tutto questo in strutture fatiscenti che sono identiche a 20 anni fa, tranne rari, rarissimi, casi.
  • La corsa verso il tunnel: a un certo punto, in Valle d’Aosta, l’autostrada si interrompe, si paga un pedaggio salato sia per la distanza sia per tutto quello che si è dovuto sopportare e dopo qualche km la strada inizia a essere in salita con varie gallerie e 2 sole corsie. Gli italiani non sono ancora stanchi. Quelli che sono rimasti dopo le avventure sul tratto più frequentato, cercano in tutti i modi di sorpassare più veicoli possibili prima di giungere al traforo del M.te Bianco, luogo in cui, finalmente, ci sono delle regole che non possono essere interpretate e riscritte nella mente dei nostri connazionali, data la presenza di telecamere su tutti gli 11km, ma vanno rispettate e basta. Vedi: divieto di sorpasso, velocità compresa tra 50 e 70 km/h, distanza di sicurezza, ecc.

Una volta dentro il tunnel, dopo circa 4km si è in territorio francese. L’intraprendenza tutta italiana è quindi repressa perché, nella gran parte dei casi, l’italiano in terra straniera non si comporta proprio come a casa sua.
Solo a quel punto, superato il confine, l’autostrada diventa un nonluogo. Uno spazio rappresentato esclusivamente da ciò che è, e cioè una strada con aree di sosta, pedaggi, svincoli e non da un particolarissimo incrocio di relazioni umane.